La storia di Ibla

Ragusa Ibla costituisce con i suoi ricordi medioevali e gli eleganti palazzi barocchi un quartiere di Ragusa, ricchissimo di fascino e di storia.

Le sue origini risalgono al primo periodo siculo e sembra che sia con molta probabilità l’erede di Hybla Haerea, un aggregato di villaggi siculi che venne in contatto con le popolazioni greche e romane e che raggiunse una certa importanza nel periodo bizantino, quando la città fu munita di un castello.

Recenti studi, dimostrano che il nome Ragusa deriva dall’accusativo plurale rogous (rogus) di rogoV , termine che in Sicilia e Magna Grecia indicava il granaio, i luoghi del grano.

Il Castello bizantino, cioè doveva essere il centro e il caposaldo di una zona rinomata per la produzione del grano (la radice indoeuropea “ra” da cui deriva grano, si ritrova anche in altri toponimi di località siciliane dove tutt’ora è forte la tradizione frumentaria e risale al periodo romano la sinonimia Sicilia – granaio di Roma).

Conquistata dagli Arabi nell’848, rimase sotto il loro dominio per due secoli e mezzo.

Dopo la conquista normanna fu data in feudo dal conte Ruggero al figlio Goffredo i cui discendenti la mantennero sino all’avvento dei sovrani svevi, quando passò al demanio.

Fu poi feudo dei Chiaramonte che la unirono alla Contea di Modica dei Cabrera e degli Enriquez.

Fu sede amministrativa della Contea fino al 1447, quando in seguito ad una rivolta popolare dei ragusani contro i soprusi feudali, Giovanni Bernardo Cabrera trasferì l’amministrazione a Modica.

In questi anni che si verificò uno degli avvenimenti che determinarono il futuro sviluppo della contea: quello della concessione delle terre in Lenfiteusi; le prime concessioni risalgono al 1452, ma incominciarono ad avere rilevanza a tempo di Ludovico I Enriquez.

Venne così a formarsi a poco a poco una nuova categoria di proprietari borghesi, i più ricchi fra i quali comprando titoli nobiliari, diedero origine ad una nobiltà minore di una certa forza.

Fu da questa rivoluzione economica, provocata dall’introduzione dell’enfiteusi, che nacque pian piano il nuovo paesaggio agrario caratterizzato dalla fitta ragnatela di muretti a secco costruiti per recingere le nuove proprietà, per dividere i campi (chiuse) adibiti al pascolo, per consentire l’avvicendamento delle colture cerealicole e leguminose. I nuovi nobili assieme ai vecchi cercavano di accrescere il loro prestigio sovvenzionando la costruzione di nuove chiese, che raggiunsero un numero elevatissimo (circa trenta) se raffrontato a quello degli abitanti. Così acquistavano, pure, il diritto di patronato (ius patronatus) sulle cappelle delle chiese adiacenti ai loro palazzi, il tutto naturalmente con l’incoraggiamento e la benedizione del clero che ci guadagnava in introiti.

Nacquero così, prima e dopo il terremoto del 1693, i palazzi barocchi vicino alle chiese, dai balconi sporgenti sorretti da enormi mensoloni scolpiti dalle maestranze locali, che in essi espressero la ricerca della caricatura, per sbalordire, impressionare e meravigliare.

Fu in questi anni che si inasprirono le lotte campanilistiche vere e proprie fra gli abitanti della parrocchia di San Giovanni, detti “Sangiovannari”, e quelli della parrocchia di San Giorgio, detti “Sangiorgiari”.

Lotte che sono continuate per secoli, mitigate di tanto in tanto da avvenimenti eccezionali: pestilenze, carestie e catastrofi naturali, come il tremendo terremoto dell’11 gennaio del 1693 (al tempo di Gaspare Henriquez), che distrusse molte città della Sicilia orientale, causando nella sola città di Ragusa circa 5.000 morti.

Quando si decise la ricostruzione della città buona parte dei vecchi nobili preferì ricostruirla dove sorgeva prima, mentre i massari e la nuova borghesia preferirono ricostruire i nuovi edifici in contrada Patro, facendo così nascere il primo nucleo di Ragusa Nuova caratterizzato da strade ampie e rettilinee.

Sorsero cosi due Raguse: Ragusa Nuova e Ragusa Vecchia, quella Superiore e quella Inferiore, che ebbero per molti anni vite amministrative separate e che solo nel 1926 furono riunificate nell’attuale città capoluogo di provincia.

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